* Stefanaq Pollo e ArbenPuto, The History of Albania from Its Origins to the Present Days, London, Routledge & Kegan Paul, 1981, p. 26 ** Elez Biberaj, Albania: A Socialist Maverick, Bouderl, Co, Westview Press, 1990, p. 68
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4/17/2014 0 Comments chi sono VIDO JOVO?
4/14/2014 0 Comments MONOCOLTURA e DITTATURA. Omologie
4/11/2014 0 Comments IL TRAPIANTO DEL SOCIALISMODa qualche giorno sono a Scutari, ho preso una stanza all' HOTEL FLOGA, di notte ne vedo di ogni. Da qualche giorno assieme a Nikolin Bujari capita di ragionare sulla rimozione della vicenda socialista e di come la si esprima in più livelli della vita pubblica e privata. Nikolin è un'artista albanese e lavora a questo tema da qualche anno: a Scutari, mi dice: - 4 anni fa hanno rimosso il monumento agli eroi caduti (Heronjte e Vigut) per la liberazione dai fascisti- La scultura è stata spostata nei campi. Questa operazione in termini agricoli si chiama Trapianto: si lascia crescere la piantina, immaginiamo di tabacco, dentro una piccola serra ed una volta raggiunti i 10 cm, la stessa viene trapiantata nel terreno in cui poi crescerà e quindi lavorata. Ma non avevo ancora visto come può questo principio applicarsi ad una scultura: per 40 anni questa è stata ben vouluta dal regime e tenuta in grande lustro nel centro della piazza principale. Sino a che il contadino politico ha detto: - è abbastanza - e la scultura, alta non 10 cm ma 10 m, è stata trapiantata in campagna a 1 km dal centro abitato. Dul Hysa è stato direttore della fabbrica di tabacco e sigarette fino alla sua chiusura dopo la caduta del regime. Il 9 aprile ripercorriamo assieme le rovine di questa fabbrica cui ha dedicato metà della sua vita. Di una fabbrica cui lavoravano tra gli anni '50 e '90 circa 2000 albanesi, restano oggi solo poche decine di operai sottopagati da un'azienda italiana. Ma quello che più colpisce è l'incapacità di tutelare questi spazi, anche solo come espressione di un popolo dentro un determinato periodo storico. Il tabacchificio dopo il '91 è stato depredato delle sue macchine ed ha vissuto un lento declino anche in termini statici. Di questi esempi l'Albania è piena, perché compatto è il fronte e la convinzione di chi sostiene che dimenticare sia la prima soluzione per prospettare la "Nuova Albania". IL DT 54 cinese Incontro l'amico Orest Zeneli su Rruga Kavajas a Tirana. Sono le 14.00 del 7 aprile 1939. L'azione è una deriva a piedi per ritrovare una ex SMT di Stato. Cercando le cosidette "stacioni i makinave dhe i traktoreve": officine addette a riparare le macchine agricole delle cooperative socialiste. Un indirizzo: Pasticeri Leçi ish SMT; Due kilometri dopo rruga kavajes, siamo davanti a Luan, ex meccanico delle SMT dal 1964. Ha rilevato una parte della SMT nel '91, ed ora vi lavora come meccanico privato di riparazione. Ha visto un trattore per la prima volta nel 1961, ma i primissimi trattori sono arrivati in Albania tra gli anni '50 e '60. Il DT 54 dalla Cina e il DT 75 Russo. *qualcuno sostiene che essendo questi due modelli identici, siano stati i Russi a copiare i Cinesi. Luan nella ex SMT di Tirana In Albania la trasformazione del gesto e del lavoro agricolo ha una più chiara matrice politica che altrove, quindi non esclusivamente economico-commerciale come è stato per altre nazioni europee; il PPSH - Partito del lavoro albanese- ha puntato sullo sviluppo agricolo per la produzione di materie prime necessarie all'industria pesante, il partito ha cercato l'autonomia energetica, agricola e industriale attraverso lo sviluppo tecnico e tecnologico. Come fra l'altro molte nazioni occidentali di stampo capitalista. Ne bejme sikur punojme dhe shteti ben sikur na paguan "Noi facciamo finta di lavorare e loro fanno finta di pagarci" Le SMT sono espressione di un'archeologia industriale e politica ancora molto presente. Queste strutture hanno mantenuto ancora la stessa funzione economica per cui sono state costruite, Anche fabbriche metalmeccaniche come la UZINA ENVER, oggi sono ancora officine. Nel caso della SMT di Tirana, parti di questa officina, enorme diversi hangar, è stata acquisita da alcuni ingegneri meccanici o lavoratori piu scaltri, dopo la fine del regime. Se i monumenti mostrano più chiaramente alcune specifiche volontà politiche, queste strutture sotto la lente del lavoro e del popolo sono forse molto più monumentali. ex UZINA ENVER Nel secondo Dopoguerra il Socialismo albanese statalizza le fabbriche. Il comparto si riduce a 4 grandi fabbriche: la ex Flora di Tirana (poi chiusa definitivamente negli anni '60), quella Durazzo, di Scutari e di Girokastro; a Tirana e Girokastro si produceva prevalentemente per il mercato interno, mentre a Scutari e a Durazzo per l'export.
A partire dal '57 e di più dal '60, l'Albania inizia ad esportare nell'Europa dell'Est, specie Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Repubblica Democratica Tedesca: a Durazzo le fabbriche iniziarono a produrre anche per lo stato bulgaro, lo stesso fecero con il monopolio polacco (per le sigarette Duhat) che venivano vendute solo in Polonia e Albania. La stessa fabbrica di Durazzo fece parte della produzione di sigarette contraffatte come Winston e Kent. La qualità del prodotto inizia a calare con l'utilizzo di tabacco proveniente da Oriente. Ancora nei primi anni '80 la maggior parte delle sigarette veniva esportata, specie per il cambio di valuta che garantiva prezzi molto competitivi. Ma la crisi del Regime, che sul finire egli anni '80, segna la crisi del comparto di produzione interno: si aprono i confini ed entrano decine di tonnellate di sigarette contrabbandate, i fumatori albanesi poterono fumare, per la prima volta, tabacco non albanese. La fabbrica di Girokastro, che produceva Partizani senza filtro, chiuse subito dopo il '91, mentre quella di Scutari dopo il '96 (nel '99 durante la guerra del Kosovo, questa fabbrica venne trasformata in campo profughi e tutti gli attrezzi usati per produrre sigarette, rubati e riciclati da piccole fabbriche illegali che presero a produrre sigarette contraffatte di marchi come Arberia, Tarabosh e LM. Attualmente il tabacco è fonte di sussistenza e guadagno sopratutto nelle campagne di Scutari e Durazzo. |
"Noi facciamo finta di lavorare, loro fanno finta di pagarci"Giorno per giorno in una ricerca tra archeologia e cartine, potere e caffè, monopoli e retorica politica. post precedenti |