Nico Angiuli
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2/15/2015

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TERMINATI PIANO DI LAVORAZIONE, SCENEGGIATURA, CALENDARIO E CONVOCAZIONI.
LE RIPRESE INIZIANO IL 17 FEBBRAIO E TERMINANO IL 4 MARZO.

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2/15/2015

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QUINTO INCONTRO 
SABATO 15 FEBBRAIO 2015 - VISITA A TRE TITOLI E PROVA COSTUME 

I braccianti cerignolani hanno portato "il vestito buono" 
Lo indosseranno Seth- Bartolomeo- Assan- Enoch- Napoleo che vivono a Tre Titoli

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2/13/2015

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QUARTO INCONTRO 9 FEBBRAIO 2015
CAMERA DEL LAVORO CGIL CERIGNOLA

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2/8/2015

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TERZO GIORNO DEL LABORATORIO FILMICO
2 FEBBRAIO 2015 - CASA DEL POPOLO CERIGNOLA

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2/7/2015

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SECONDO GIORNO DEL LABORATORIO FILMICO
30 GENNAIO 2015 - EX CIRCOLO TORRE ALEMANNA 
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2/7/2015

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IL CAPPOTTO E NON IL TABARRO

<< E fra gli usi tradizionali, vi erano quelli relativi all’abbigliamento. I braccianti d’inverno si coprivano con il tabarro; Di Vittorio disse agli aderenti al circolo giovanile presso la Camera del lavoro che anche essi erano persone, erano uomini, come i signori, e che dovevano abbandonare l’abbigliamento tradizionale che li qualificava immediatamente come braccianti. Propose loro di vestire la domenica in piazza il cappotto, come ogni normale persona. La reazione in piazza fu di sbalordimento di fronte a questa violazione di una regola non scritta...ci si chiederà in piazza: - dove vogliono arrivare questi braccianti che osano vestire come noi? >> 

La storia del primo cappotto di Di Vittorio, che fu anche il primo cappotto mai usato da un bracciante in Puglia, merita di essere  raccontata. Si era al Circolo, Di Vittorio disse agli altri:

<<Perché i padroni col cappotto e i lavoratori col tabarro?>>.Tutti i giovani furono d’accordo di acquistare un cappotto. Di Vittorio l’avrebbe indossato in piazza in mezzo alla gente. Così accadde. Fu un avvenimento e bastò quell’esempio perché molti giovani lo imitassero cambiando la domenica l’aspetto della gente per le strade di Cerignola.”

" Lo scrittore Angelo Ferracuti ha raccolto in un bel libro dedicato a Di Vittorio, molti racconti di Baldina. Ecco una pagina: " Fu lui a descrivermi l’aspirazione dei giovani lavoratori a uscire dagli aspetti più visibili dell’inferiorità sociale, come il modo di vestire. Aveva diciassette anni ed era segretario della lega dei giovani socialisti di Cerignola. Un giorno li riunì e disse loro: Perché mai dobbiamo portare il tabarro che le figlie degli impiegati non vogliono venire a spasso con noi? Vestiamoci dunque anche noi col cappotto come i borghesi”. Ride di cuore Baldina, si diverte mentre racconta e io continuo a guardare i suoi occhi, ne avverto ogni volta il senso di stupore, di commozione o di tristezza, a seconda delle cose che le montano in testa nell’aggregarsi dei ricordi."


L'avanguardismo dei ragazzi del circolo aveva determinato un vero e proprio risveglio: l'influenza di esso, su tutta la vita cittadina, andò assumendo un valore sempre più preciso. I giovani del circolo, guidati da Di Vittorio, portarono anche una vera rivoluzione in alcuni aspetti esteriori del costume feudale ancora esistente.
Vi erano allora, tra gli uomini della stessa città, divisioni formali che ne contrassegnavano i distacchi. I cafoni ad esempio, i lavoratori dei campi, i braccianti, portavano tutti il tabarro, chiamato in dialetto la cappa, mentre i commercianti, gli artigiani e gli agrari portavano il cappotto. I giovani socialisti, dopo aver considerato che la stoffa occorrente per confezionare una cappa era forse maggiore di quella necessaria per un paltò, si dissero: «Ragazzi, cos'è questa storia della cappa? Perché non ci facciamo anche noi i cappotti come gli altri?». 
Fu proprio Di Vittorio il primo bracciante di Puglia a comparire una domenica d’inverno sulla piazza di Cerignola col paltò. La domenica successiva altri giovani portavano quell'indumento, tra lo sbalordimento generale. Anche qualche vecchio bracciante si lamentò: «Ma come? Siamo tutti uguali adesso? Vedrete che i signori non ci pagheranno più».
Le ragazze erano fiere che il loro fidanzato fosse iscritto al circolo giovanile. Oggi ancora Di Vittorio ricorda con un sorriso la sera in cui entrarono nella sede del circolo, irati, furiosi un uomo e una donna, genitori di una ragazza fidanzata con un certo giovane non appartenente a quell'organizzazione e fuggita nottetempo con uno del circolo.
I due se la prendevano con Di Vittorio, protestavano contro di lui.
«Io non so se quello che voi mi raccontate sia vero — disse allora il capo del circolo giovanile a quei vecchi contadini —, ma state tranquilli che se è iscritto alla nostra organizzazione si tratta di un lavor
tore onesto, un giovane d’onore. Egli sposerà la vostra ragazza».


Quel circolo non si interessa soltanto dei problemi dell’orario di lavoro e del salario dei ragazzi, ma anche della lotta contro l’alcolismo, dell’istituzione di una scuola serale a spese del Comune e della soluzione di altri problemi riguardanti l’ambiente e il costume. Tra l’altro, il circolo decide di abolire il tabarro, soprabito invernale che indossano solo i poveri per distinguersi dai signori. Avviene così che, fra le proteste dei galantuomini e lo stupore degli anziani, Di Vittorio e altri giovani braccianti indossano per la prima volta il cappotto, come segno della loro volontà di cancellare ogni distinzione di classe. Lo stesso anno 1907, forte dell’influenza che ha fra i giovani.“
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1/26/2015

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PRIMO GIORNO DEL LABORATORIO FILMICO
26 GENNAIO 2015 EX CIRCOLO TORRE ALEMANNA 

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1/21/2015

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LA TRASFORMAZIONE DELLA CLASSE BRACCIANTILE LUNGO IL NOVECENTO

In questi giorni ci stiamo concentrando su di un tema: la trasformazione della classe bracciantile cerignolana (e di Capitanata in generale) dopo la Riforma Agraria. Grazie a Paap di Ghetto Out, ho potuto discuterne con Marcello Colopi, un autore che si occupa di Teatro Civile, che sostiene (e altri lo faranno nei giorni successivi) che la Democrazia Cristiana disponeva e decideva dell'assegnazione di case e poderi della Riforma Agraria degli anni '50.

"Così ad ottenere il podere, la casa e la vacca furono non tanto i braccianti, quanto la classe dei professionisti, medici, artigiani (che storicamente votava DC) e che fra l'altro la terra non l'aveva mai lavorata."

Terra e tessera in cambio di fedeltà politica. Un ritornello già noto.

A Cerignola la classe media diviene improvvisamente proprietaria terriera, la terra viene espropriata ai grandi latifondisti e affidata non alla classe bracciantile legata la terra ma agli elettori legati alla DC: succede che nel giro di pochi anni i nuovi affidatari lasciano le proprietà in stato di abbandono per l'impossibilità di gestirle direttamente o per il fallimento della conduzione affidata ai loro figli e anche perché le borgate i poderi e le case coloniche, non vennero dotate di tutti i servizi e i collegamenti necessari a creare una relazione con la città di Cerignola e una forma di autonomia rurale; 

Le case di Tre Titoli e di molte borgate divengono inabitate in poco meno di vent'anni, e lo restano sino all' arrivo dei migranti.
Il discorso prosegue cercando di cogliere le altre forme della disgregazione della classe bracciantile. Si parla di grandi emigrazioni e in effetti gli anni '60 e '70 vedono partire da Cerignola moltissime persone, si calcola che nella sola Torino oggi vivano 40'000 cerignolani: è il richiamo della Grande Industria, il Boom Economico. L' Agricoltura viene delegittimata, la vita da contadino disprezzata e si fa spazio nella società l'idea di un futuro diverso; inizia qui il lento declino della coscienza bracciantile, e quando la stessa riappare lo fa sottoforma di forzalavoro migrante.

In un certo senso la classe bracciantile Cerignolana conviene andarla a cercare a Torino.
Sono questi alcune delle ragioni per cui l'enorme patrimonio dell'emancipazione bracciantile cerignolana s'infrange nuovamente oggi sulla questione migrante, mostrando un' incapacità a comprendere il fenomeno, incapacità che continua a colpirmi ripensando a quante lotte per i diritti del lavoro si sono portate avanti proprio qui. 

Sostiene ancora Marcello che ormai sono poche decine i braccianti ancora attivi a Cerignola, braccianti intesi come lavoratori impegnati tutto l'anno; ci sono ancora in misura considerevole braccianti che lavorano 150 giornate (e poi chiedono l'indennità di disoccupazione), il resto sono operai specializzati tipo potatori, figure queste che non sono ancora state sostituite dai migranti.
Marcello mi mette in guardia dal pensare che siano gli eredi dei cafoni oggi ad attuare lo stesso sistema violento che subivano, quanto piuttosto una nuova classe di proprietari non legati alla classe bracciantile storica Di Vittorio.
Certo è vero che l'Occidente ha per vent'anni delegato ai migranti il lavoro e ora che la crisi incombe rivendica proprio qui come in tutt' Europa questi posti in campagna che sono stati rifiutati e vilipesi.

I ragionamenti di Marcello non fanno una piega ma le domande restano, perché tutto quest'odio, perché sembra che tutto sia schiacciato da forze che hanno il sapore di lunghi anni, perché l'esperienza di lotta per i diritti non è in grado di essere più forte della posizione di competitors che assumono oggi i migranti in agricoltura verso i braccianti locali? e sopratutto perché le istituzioni non includono Tre Titoli e le altre realtà migranti come parte della comunità?


* Anche Vincenzo Sgarro Candidato PD per Cerignola sostiene che sia il ventennio tatarelliano (Giuseppe “Pinuccio” Tatarella Parlamentare nato a Cerignola) ad aver cancellato la memoria locale puntando sulla battaglia di Cerignola del 1503 per la liberazione dal dominio spagnolo.
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1/20/2015

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1/4/2015

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Mancano pochi giorni al primo incontro per il laboratorio filmico, la macchina organizzativa ha bisogno di alcuni passaggi intermedi e di burocrazie su carta stampata. 
L' idea in breve consiste nel connettere città e campagna usando due sedi per gli incontri: la CGIL di Cerignola e il Circolino di Torre Alemanna a Borgo Libertà a due minuti da Tre Titoli.
Un minibus messo a disposizione dal Comune di Cerignola dovrebbe permetterci questa connessione che non è tra luoghi ma tra luoghi e persone, permettendo ai migranti di lavorare al progetto in città e ai braccianti cerignolani di ragionare sulle questioni del progetto in campagna. 

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    Tre Titoli

    Un progetto filmico performativo nelle terre di Giuseppe Di Vittorio attraversando l'evoluzione e la trasformazione della classe bracciantile lungo il Novecento:
    dai cafoni ai lavoratori africani, cercando le ragioni che producono oggi nuove vittime e nuovi carnefici. 
    Un progetto possibile grazie al Premio "Arte, Patrimonio, Diritti Umani 2014" di Connecting Cultures.

    Leggi qui il comunicato stampa

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