Nico Angiuli
  • projects
  • about
  • current

   

11/27/2014

0 Comments

 
Il primo arresto il giovane sindacalista lo subisce, a Cerignola, il 29 settembre 1912, nel corso di un importante sciopero dei lavoratori agricoli, proclamato per protesta contro l'assunzione di lavoratori "forestieri" da parte dell'azienda Larochefoucauld. Questa, come altre, tra le più grosse aziende di Cerignola e di altri comuni, usava l'arma dell'organizzazione del crumiraggio, ingaggiando, lavoratori con salari più bassi rispetto a quelli conquistati dai braccianti di Cerignola. Il problema veniva spesso dibattuto nelle leghe per impedire lo scontro fra lavoratori, questione che stava particolarmente a cuore di Di Vittorio e agli altri dirigenti sindacali. Per quanto si facesse per evitarli, gli scontri tra lavoratori, purtroppo, si verificavano, e questo fatto indeboliva, nel suo insieme, la forza d'urto del movimento. Quel giorno a Cerignola lo sciopero si sviluppava compatto, quando scortati dalla polizia, arrivarono lavoratori "forestieri" ingaggiati dalla casa Larochefoucauld. Lo scontro con la polizia fu inevitabile. Bisognava smetterla con la pratica del "crumiraggio" organizzato dai padroni, i quali sfruttavano lo stato di miseria e disoccupazione dei lavoratori dei comuni vicini. 
Ci furono ventisette arrestati, fra i quali Di Vittorio. Gli arresti inasprirono la lotta, e questa continuò fino a quando non ci fu la liberazione degli arrestati e un impegno di massima, che fu, in seguito, sempre violato dai padroni, di non assumere manodopera "forestiera", se non nei periodi dei grandi lavori e d'intesa con l'organizzazione sindacale.[...]

da Giuseppe di Vittorio di M. Pistillo, Ed. Lacaita 1987 Manduria


0 Comments

    

11/27/2014

0 Comments

 
Ricordo il rapporto che egli tenne all'inizio degli ani '50, al congresso della federazione sindacale mondiale che si teneva a Vienna. Di Vittorio era relatore sulla situazione dei lavoratori dei paesi coloniali e sottosviluppati. Il rapporto era scritto, naturalmente in francese, a un certo punto dI Vittorio si stancò, raccolse i fogli e cominciò a parlare ancora in francese, in spagnolo e persino in italiano. Quegli africani, quei latino-americani, quegli asiatici capivano lo stesso ogni cosa. Afferravano qualche parola, ma intuivano pienamente il significato del ragionamento. La spinta liberatrice insita nel suo stesso agire li avvinse al punto che dopo infinite interruzioni e applausi, alla fine del discorso i delegati del terzo mondo improvvisarono una sorta di straordinaria manifestazione: saltarono sui tavoli, fecero a pezzetti le carte che erano state distribuite gettando in aria miriadi di coriandoli, fecero tremare le volte della sala con decine di tonanti urrah!
Anche in questo caso Di Vittorio era arrivato diritto alla loro coscienza di uomini, aveva espresso l'esigenza primordiale di libertà e di emancipazione, aveva aperto una speranza di riscatto a uomini costretti da secoli alla servitù e allo sfruttamento dei potenti.
Dalle sue parole traspariva sempre. prima di ogni altra cosa, il sentire umano, il rispetto per gli uomini e, insieme, la protesta e la volontà di riscossa dei deboli, degli oppressi.[...] *
-----

Voglio ricordare un' esperienza personale che feci al congresso della Fsm nel 1953. 
Di Vittorio era relatore su "Problemi e obbiettivi dei movimenti sindacali del terzo mondo" e la sua relazione aveva incontrato un dissenso che sembrava insuperabile in tutti i sindacati dei paesi dell' est e anche nei sindacati di tradizione comunista di molti paesi dell'occidente. La bestemmia era quella di parlare di un movimento sindacale capace di mettersi alla testa di una grande azione di riforma agraria e di industrializzazione, di un sindacato protagonista: una bestemmia perché, dovunque, in tutti i continenti, alla testa non ci può che essere che il partito; il sindacato viene dopo. 
Malgrado una sofferta discussione, intrisa di penosi dogmatismi, protattrasi per tutta la notte, lui fece la sua relazione; e la fece a modo suo, tralasciando completamente gli appunti, gli scritti, il lavoro di tanti giorni e proponendo a quel congresso, ma sopratutto ai tanti lavoratori del terzo mondo, dell' Africa, dell' Asia, dell' America latina, il suo sindacato come forza d'avanguardia, come sindacato della riforma agraria, come sindacato dell'industrializzazione, come sindacato del governo dell' economia nella democrazia. 
Lo fece a modo suo, chiamando i delegati del congresso a rispondere al suo appello e dicendo: "Vedo davanti a me tante facce, vedo dei neri, vedo di quelli che sono proprio neri neri, vedo dei bianchi, dei gialli, dei mezzi neri come me, ma tutti insieme, con voi, siamo il sindacato del domani". 
E il congresso impazzì, nell' imbarazzo o nella stizza dei burocratici del sindacalismo internazionale, di fronte a questo spettacolo di liberaizone umana, a un linguaggio così semplice, ma con il quale Di Vittorio si metteva in mezzo agli altri. **

* Luciano Lama, da Giuseppe di Vittorio di M. Pistillo, Ed. Lacaita 1987 Manduria
** Bruno Trentin, da Giuseppe Di Vittorio- l'uomo, la storia, il pensiero di C. Marotti, Ed. Sud Est 
0 Comments

       

11/23/2014

0 Comments

 




Grazie al dialogo con i braccianti che affollano le panchine di Cerignola, sto ricostruendo le principali figure agricole sia di primo Novecento che contemporanee, per poi metterle in relazione al progetto filmico.
Quella a destra è la piramide agricola nel 1900 a Foggia esistita sino a che la masseria -fattoria ha avuto un ruolo centrale nella quotidianità del lavoro, fino cioè ai primi anni '60 quando - con la fine del latifondismo, la redistribuzione delle terre e la nascita dei piccoli proprietari terrieri - tali strutture sono andate in disuso.
Quello sotto è l' elenco più ampio e particolareggiato 
che ho estratto dal 8° Censimento Generale della popolazione redatto dagli uffici del Regno D'Italia. 


Immagine
ELENCO DELLE FIGURE AGRICOLE SPECIFICHE DELLA PROVINCIA DI FOGGIA (1936)

Agente di campagna - addetto ad azienda agricola, ha le stesse attribuzioni dell' agente agrario, a volte è tuttavia un semplice esecutore d'ordini del conduttore dell'azienda e non di rado prende parte ai lavori manuali.

Annaloro - nome generico del lavoratore impegnato dall'impresa con contratto annuo. Le sue attribuzioni possono essere di varia natura e in dipendenza di queste può assumere una sotto-denominazione specifica: cavallaro se addetto al bestiame equino, caporale se capo squadra di lavoratori non qualificati, etc.

Avventizio - addetto ai lavori in genere delle aziende agricole, o zootecniche o forestali, è retribuito per lo più in denaro, o anche in denaro e con vitto (o con generi occorrenti per la preparazione del vitto). Campo di attività dell'avventizio è l'agricoltura, per quanto esso trovi occupazione anche in altri campi; avviene tuttavia che altre categorie professionali si riversino per un tempo più o meno breve fra gli avventizi quando è facile il collocamento nell'agricoltura.

Bifolco - addetto alla custodia, alla cura ed al governo del bestiame bovino di cui fa uso nei vari lavori dell'azienda (aratura, semine, trasporti, falciatura meccanica, etc.).

Bovaro - addetto alla custodia, alla cura ed al governo del bestiame di cui fa uso nei lavori dell'azienda nei quali si impiegano detti animali (aratura, semine, falciatura meccanica, trasporti, ecc.). A volte si designa con tale voce anche colui che presta la propria opera presso aziende di terzi, lavorandovi con bovini di sua proprietà.

Bracciante fisso - viene assunto dall' azienda con garanzia di lavoro per tutto l'anno o per un numero di giornate superiore a 200.
Buttero - provvede a tutte le cure che il bestiame stesso richiede (sorveglianza, spostamenti, raduni, cure sanitarie, etc.). 

Carrettiere - addetto ai trasporti (eseguiti con carri trainati da equini, oppure da bovini) di quanto può avere attinenza all'azienda. Cura, custodisce e governa gli animali di cui fa uso; di solito è anche consegnatario dei veicoli e delle bardature degli animali.

Capo coltivatore - capo della squadra dei lavoratori addetti ai lavori in genere dell'azienda, più particolarmente a quelli relativi alle viti ed agli ulivi. Sorveglia il personale dipendente e ne regola e disciplina il lavoro.

Capo d'opera - capo della squadra dei lavoratori addetti ai lavori in genere dell' azienda. Sorveglia il personale dipendente e ne regola e disciplina il lavoro.

Caporale - capo di una squadra di operai, che sorveglia e dei quali regola e disciplina il lavoro.

Carbonaio - addetto ad azienda forestale, attende al taglio ed all'allestimento dei prodotti legnosi provenienti da tagli di ripulitura, all'allestimento dei prodotti residuati da tagli di legname da opera e di legna da fuoco; attende inoltre alla preparazione dell'aia carbonile, alla formazione della carbonaia, alla cottura ed all'insaccamento del carbone.

Casaro - addetto alla preparazione dei prodotti caseari. Quando dirige la caseificazione, ne assume la piena responsabilità: se alla lavorazione del latte è unito l'allevamento dei suini, dirige anche questo.

Cavallante - addetto alla custodia, alla cura ed al governo degli equini. Attende ai lavori nella cui esecuzione concorre l'opera degli animali che ha in consegna.

Colono - affittuario coltivatore - addetto ad azienda agricola, è legato all' azienda da contratto di colonia parziaria, della durata di uno o più anni. Comproprietario, o non, delle scorte morte e vive, divide col concedente le spese inerenti alla gestione del fondo, di cui divide i prodotti. La ripartizione delle spese e dei prodotti viene fatta in proporzioni diverse ed allora, a seconda di esse, la colonia parziaria assume le denominazioni-di mezzadria, terzeria e quarteria (divisione a metà, a un terzo, a un quarto). La voce (( colono») ha assunto un significato che sorpassa quello che, a rigore, dovrebbe avere; infatti in molte provincie si designa (impropriamente) con la parola ({ colono» il piccolo proprietario coltivatore ed il piccolo affittuario.

Curatolo - nelle province delle Puglie e della Lucania ha funzioni di vigilanza di aziende agricole, per lo più non molto vaste.

Fattore - addetto ad azienda agricola, rappresenta il conduttore sia nei riguardi del personale dipendente, sia nei confronti di terzi aventi rapporti con l'azienda stessa. A volte prevalgono in lui le mansioni di carattere tecnico ed amministrativo; ha la responsabilità dell' andamento dell'azienda ed ha anche piena facoltà di iniziativa (impiegato) ; gli è commesso il compito della compra-vendita del bestiame, della vendita dei prodotti dell'azienda e dell'acquisto di quanto può occorrere all' azienda stessa per il suo buon andamento. A volte è, invece, un semplice esecutore degli ordini del conduttore dirigente dell'azienda e non di rado prende parte ai lavori manuali che si svolgono nell'azienda stessa.

Garzone lavoratore a contratto annuo - addetto ai lavori in genere dell'azienda, convive normalmente con la famiglia del conduttore. -Generalmente è impegnato con l'azienda per tutto l'anno agricolo; a volte però :viene assunto per periodi stagionali di più o meno lunga durata.

Giumentaro - Lavoratore a contratto annuo o lavoratore a giornata: Bolzano, Foggia. Addetto alla custodia, alla cura ed al governo degli equini da allevamento.

Gualano - addetto alla custodia, alla cura ed al governo degli animali (equini o bovini) di cui fa uso nei lavori di trasporto, ma più specialmente in quelli di aratura"
Mesarolo - addetto ai lavori in genere dell'azienda, dalla quale viene assunto nei periodi nei quali maggiormente si addensano i lavori (di solito nei periodi di semina odi raccolta dei cereali).

Mulattiere - addetto alla custodia, alla cura, al governo ed all' uso del bestiame equino da lavoro.

Obbligato annuale - addetto ai lavori in genere delI'a:.denda, cui è legato da contratto in virtù del quale gli è garantita l'occupazione per tutto l'anno. Giornate lavorative in salario o natura.

Uomo di fatica - lavoratore a contratto annuo.

Versuriere - affittuario coltivatore, la voce di versuriere trae origine da « versuta unità di misura locale di superficie che supera di poco l'ettaro.

Vigilatore - addetto ad azienda agricola, vigila gli affittuari ed i coloni affinché eseguiscano i lavori colturali secondo gli obblighi contrattuali.

Zappatore - In provincia di Foggia attende ai lavori di zappa.
da VIII CENSIMENTO GENERALE DELLA POPOLAZIONE 21 APRILE 1936
XIV CARATTERI ECONOMICO-AGRARI DEI COMPARTIMENTI - FIGURE - POSIZIONI E VOCI PROFESSIONALI AGRICOLE. 
Ed. ISTITUTO CENTRALE DI STATISTICA DEL REGNO D'ITALIA 
0 Comments

    

11/13/2014

2 Comments

 
Da quando la ricerca si è fatta più densa alterno ore di letture a lunghe passeggiate.
Camminando nei libri di queste strade tutto rimbomba in un unico tempo presente passato avvenire;
      le voci di questa gente si posano come una nube grave a mezz'aria nella piazza del teatro.
      Indecifrabili argomenti accartocciati con poche parole che sfuggono all'incomprensibile come carta per affettati che sostiene solo un profumo ma ne cela il contenuto. Bocche che parlano sapendo di non dire nulla.
La città nasconde abilmente i propri morti, nella toponomastica e nell'insegna di partito. Ma sono tombe soavi e più si cerca e più i morti si allontanano. 

2 Comments

    

11/12/2014

0 Comments

 







Era un giorno d'autunno e in piazza c'ero solo io. 
Tenevo stretto il bastone tra le mani. 
Il vento veniva da ogni parte. 
Mi ha sollevato in cielo assieme alla panchina.

da Cartoline dai morti, Franco Arminio, 
ed. Gransasso nottetempo 2010
Immagine
                                                                                R. Magritte, Il balcone di Manet, olio su tela 1956
0 Comments

    

11/11/2014

0 Comments

 
Lungo la via che da forma a Tre Titoli ci sono forse una ventina di grandi caseggiati, quelli volute dalla riforma agraria negli anni '40.
Al tempo queste costruzioni vennero abitate dai braccianti cerignolani ( che così potevano risolvere l'annoso problema del ritorno a casa una sola volta ogni quindici giorni) mentre oggi ci vivono i circa 400 migranti della borgata. 
Sono arrivato al presidio mobile di Emergency quando era già buio, ma come logico non c'erano motivi per avere paura, ne particolari imboscate da evitare, solo qualche buca se proprio; certo il Boulevard di Tre Titoli non somiglia a quelli più blasonati di Montmartre o Sunset, ed il solo elemento luminoso dopo il tramonto è proprio il furgone di Emergency.
Emergency da qualche anno gestisce un ospedale mobile che fa tappa a Tre Titoli il martedì e il venerdì. Ho passato con loro qualche ora e tornerò ogni martedì e venerdì a conoscere meglio chi va a curarsi da loro. I ragazzi che gestiscono sono preparati, sensibili al tema della presenza migrante e aperti alla discussione. Grazie a loro posso seguire da vicino la vita dei lavoratori locali.
Tra le 17 e le 20 di sera ho conosciuto Moahmed (tunisino), Alì del (Burkina Faso) e Daniel del (Ghana).

Immagine
                  Il furgone Articolo 32 di Emergency alle 6 di sera a Tre Titoli
0 Comments

    

11/10/2014

0 Comments

 
Dal 25 settembre all'8 ottobre si riunisce nella sala del Palazzo Chaillot a Parigi il I° Congresso della FSM, alla presenza di mille delegati di cinquantasei paesi, in rappresentanza di settanta milioni di lavoratori organizzati. [...]
Di Vittorio intervenne nella discussione. In particolare egli parlò a favore della liberazione dei popoli coloniali (molti rappresentanti dei paesi coloniali presero la parola, pronunciando una dura requisitoria contro l'imperialismo inglese e francese), per la difesa dei lavoratori costretti ad emigrare, affermando il principio, accolto poi dal congresso, dell'obbligo delle organizzazioni sindacali dei paese di immigrazione di assicurare ai lavoratori stranieri l'uguaglianza coi lavoratori locali, e quindi l'assistenza necessaria, sia individuale che collettiva.[...]
Il congresso di Parigi si concluse con un atto significativo di riconoscimento del peso e dell'importanza della CGIL. Di Vittorio fu eletto membro del Bureau e vicepresidente della FSM. 


Dal Libro Giuseppe Di Vittorio, M. Pistillo, ed Lacaita 1987 Roma
Immagine

Il discorso in francese di Giuseppe Di Vittorio al congresso parigino del 1945
ringrazio personalmente la Fondazione Basso di Roma per il supporto alla ricerca
leggi il pdf
0 Comments

      

11/9/2014

0 Comments

 
Oggi che il mercato del lavoro si va frammentando all’infinito, con la proliferazione di figure atipiche cui spesso fondamentali garanzie sono negate, per non parlare della questione costituita dalla manodopera immigrata e dalla necessità di offrirle un minimo di protezione sociale, non sembra proprio che la lezione di Di Vittorio, animata dall’assillo costante di tutelare i soggetti più deboli, possa essere relegata nel dimenticatoio. Si tratta semmai (e certo non è facile) di trovare strumenti nuovi per conseguire scopi analoghi.



da Di Vittorio di A. Carioti (giornalista del Corriere della Sera), 
ed. L’identità italiana de il Mulino, Bologna 2005.
dal programma The Show Must Go Off 
di A. Celestini,  2012 La 7
0 Comments

   

11/7/2014

0 Comments

 
Ci sono dunque due problemi da distinguere: lo sfruttamento della classe operaia, che si definisce come profitto capitalistico, e l'oppressione della classe operaia sul luogo dilavoro che si traduce in sofferenze prolungate per 48 o 40 ore settimanali, ma che possono prolungarsi anche al di là della fabbrica, sulle 24 ore della giornata. 

II problema del regime delle aziende, considerato dal punto di vista dei lavoratori, si pone con dati che sono relativi alla struttura medesima della grande industria. Una fabbrica è essenzialmente fatta per produrre. Gli uomini sono là per aiutare le macchine a far nascere ogni giorno il più gran numero possibile di prodotti ben fatti e a buon mercato. 

Ma d'altra parte, quegli uomini sono uomini; hanno bisogni, aspirazioni da soddisfare che non coincidono necessariamente con le necessità della produzione e anzi, in realtà, quasi sempre non vi coincidono affatto. È questa una contraddizione che il mutamento di regime non eliminerebbe. Ma noi non possiamo ammettere che la vita degli uomini sia sacrificata alla fabbricazione dei prodotti. Se domani i padroni saranno cacciati, se si collettivizzeranno le fabbriche, ciò non muterà in nulla questo problema fondamentale, per il quale ciò che è necessario per far uscire il più gran numero possibile di prodotti non è necessariamente quello che può soddisfare gli uomini che lavorano nella fabbrica.


Immagine
Simone Weil sulla razionalizzazione del lavoro, lettera 1937                       
     Giovanni Astengo, ciclo giornaliero di vita nella città industriale 
0 Comments

   

11/3/2014

0 Comments

 
"Per me, personalmente, ecco cosa ha voluto dire lavorare in fabbrica: ha voluto dire che tutte le ragioni esterne (una volta avevo creduto trattarsi di ragioni interiori) sulle quali si fondavano, per me, la coscienza della mia dignità e il rispetto di me stessa sono state radicalmente spezzate in due o tre settimane sotto i colpi di una costrizione brutale e quotidiana. E non credere che ne sia conseguito in me un qualche moto di rivolta. No, anzi, al contrario, quel che meno mi aspettavo da me stessa: la docilità. 

Una docilità di rassegnata bestia da soma. Mi pareva d'essere nata per aspettare, per ricevere, per eseguire ordini - di non aver mai fatto altro che questo - di non dover mai far altro che questo. Non sono fiera di confessarlo. È quel genere di sofferenza di cui non parla nessun operaio; fa troppo male solo a pensarci. Quando la malattia mi ha costretto a smettere, ho assunto piena coscienza dell'abbassamento nel quale stavo cadendo, e mi sono giurata di subire questa esistenza fino al giorno in cui fossi giunta, suo malgrado, a riprendermi. Ho mantenuto la promessa. Lentamente, soffrendo, ho riconquistato attraverso la schiavitù, il senso della mia dignità di essere umano, un senso che questa volta non si fondava su nulla di esterno, sempre accompagnato dalla coscienza di non aver alcun diritto a nulla, e che ogni istante libero dalle sofferenze e dalle umiliazioni doveva essere ricevuto come una grazia, come il mero risultato di favorevoli circostanze casuali.

Due fattori entrano in questa schiavitù: la rapidità e gli ordini. La rapidità: per «farcela» bisogna ripetere un movimento dopo l'altro a una cadenza, che è più rapida del pensiero e quindi vieta non solo la riflessione, ma persino la fantasticheria. 



Mettendosi dinanzi alla macchina bisogna uccidere la propria anima per 8 ore al giorno, i propri pensieri, i sentimenti, tutto. Irritati, tristi o disgustati che si sia, bisogna inghiottire, respingere in fondo a se stessi irritazione, tristezza o disgusto: rallenterebbero la cadenza. 

Per la gioia, è lo stesso. Gli ordini: dal momento in cui si timbra all'entrata fino a quando si timbra per l'uscita, si può ricevere qualsiasi ordine in qualunque momento. E bisogna sempre tacere ed obbedire. 

L'ordine può essere penoso o pericoloso da eseguire, o anche ineseguibile; oppure due capi possono dare ordini contraddittori; non fa nulla: tacere e piegarsi. Rivolgere la parola a un capo, anche per una cosa indispensabile, anche se è una brava persona (le brave persone hanno pure loro momenti di cattivo umore) vuol dire rischiare di farsi strapazzare. E quando capita, bisogna ancora tacere. Per quanto riguarda i propri impulsi di nervi e di malumore, bisogna tenerseli; non possono tradursi né in parole né in gesti, perché i gesti sono, in ogni momento, determinati dal lavoro. Questa situazione fa sì che il pensiero si accartocci, si ritragga, come la carne si contrae dinnanzi a un bisturi. Non si può essere "coscienti". 

Tutto questo, beninteso, riguarda il lavoro non qualificato (soprattutto quello delle donne). E attraverso tutto ciò, un sorriso, una parola di bontà, un istante di contatto umano hanno più valore delle più devote amicizie fra i privilegiati grandi o piccoli. Solo là si conosce che cos'è la fraternità umana. Ma ce n'è poca, pochissima. Quasi sempre le relazioni, anche fra compagni, riflettono la durezza che, là dentro, domina su tutto. 
0 Comments

    Tre Titoli

    Un progetto filmico performativo nelle terre di Giuseppe Di Vittorio attraversando l'evoluzione e la trasformazione della classe bracciantile lungo il Novecento:
    dai cafoni ai lavoratori africani, cercando le ragioni che producono oggi nuove vittime e nuovi carnefici. 
    Un progetto possibile grazie al Premio "Arte, Patrimonio, Diritti Umani 2014" di Connecting Cultures.

    Leggi qui il comunicato stampa

    Immagine
    Immagine

    Archives

    February 2015
    January 2015
    December 2014
    November 2014
    October 2014
    July 2014

    RSS Feed