2/7/2015 0 Comments IL CAPPOTTO E NON IL TABARRO
<< E fra gli usi tradizionali, vi erano quelli relativi all’abbigliamento. I braccianti d’inverno si coprivano con il tabarro; Di Vittorio disse agli aderenti al circolo giovanile presso la Camera del lavoro che anche essi erano persone, erano uomini, come i signori, e che dovevano abbandonare l’abbigliamento tradizionale che li qualificava immediatamente come braccianti. Propose loro di vestire la domenica in piazza il cappotto, come ogni normale persona. La reazione in piazza fu di sbalordimento di fronte a questa violazione di una regola non scritta...ci si chiederà in piazza: - dove vogliono arrivare questi braccianti che osano vestire come noi? >> La storia del primo cappotto di Di Vittorio, che fu anche il primo cappotto mai usato da un bracciante in Puglia, merita di essere raccontata. Si era al Circolo, Di Vittorio disse agli altri: <<Perché i padroni col cappotto e i lavoratori col tabarro?>>.Tutti i giovani furono d’accordo di acquistare un cappotto. Di Vittorio l’avrebbe indossato in piazza in mezzo alla gente. Così accadde. Fu un avvenimento e bastò quell’esempio perché molti giovani lo imitassero cambiando la domenica l’aspetto della gente per le strade di Cerignola.” " Lo scrittore Angelo Ferracuti ha raccolto in un bel libro dedicato a Di Vittorio, molti racconti di Baldina. Ecco una pagina: " Fu lui a descrivermi l’aspirazione dei giovani lavoratori a uscire dagli aspetti più visibili dell’inferiorità sociale, come il modo di vestire. Aveva diciassette anni ed era segretario della lega dei giovani socialisti di Cerignola. Un giorno li riunì e disse loro: Perché mai dobbiamo portare il tabarro che le figlie degli impiegati non vogliono venire a spasso con noi? Vestiamoci dunque anche noi col cappotto come i borghesi”. Ride di cuore Baldina, si diverte mentre racconta e io continuo a guardare i suoi occhi, ne avverto ogni volta il senso di stupore, di commozione o di tristezza, a seconda delle cose che le montano in testa nell’aggregarsi dei ricordi." L'avanguardismo dei ragazzi del circolo aveva determinato un vero e proprio risveglio: l'influenza di esso, su tutta la vita cittadina, andò assumendo un valore sempre più preciso. I giovani del circolo, guidati da Di Vittorio, portarono anche una vera rivoluzione in alcuni aspetti esteriori del costume feudale ancora esistente. Vi erano allora, tra gli uomini della stessa città, divisioni formali che ne contrassegnavano i distacchi. I cafoni ad esempio, i lavoratori dei campi, i braccianti, portavano tutti il tabarro, chiamato in dialetto la cappa, mentre i commercianti, gli artigiani e gli agrari portavano il cappotto. I giovani socialisti, dopo aver considerato che la stoffa occorrente per confezionare una cappa era forse maggiore di quella necessaria per un paltò, si dissero: «Ragazzi, cos'è questa storia della cappa? Perché non ci facciamo anche noi i cappotti come gli altri?». Fu proprio Di Vittorio il primo bracciante di Puglia a comparire una domenica d’inverno sulla piazza di Cerignola col paltò. La domenica successiva altri giovani portavano quell'indumento, tra lo sbalordimento generale. Anche qualche vecchio bracciante si lamentò: «Ma come? Siamo tutti uguali adesso? Vedrete che i signori non ci pagheranno più». Le ragazze erano fiere che il loro fidanzato fosse iscritto al circolo giovanile. Oggi ancora Di Vittorio ricorda con un sorriso la sera in cui entrarono nella sede del circolo, irati, furiosi un uomo e una donna, genitori di una ragazza fidanzata con un certo giovane non appartenente a quell'organizzazione e fuggita nottetempo con uno del circolo. I due se la prendevano con Di Vittorio, protestavano contro di lui. «Io non so se quello che voi mi raccontate sia vero — disse allora il capo del circolo giovanile a quei vecchi contadini —, ma state tranquilli che se è iscritto alla nostra organizzazione si tratta di un lavortore onesto, un giovane d’onore. Egli sposerà la vostra ragazza». Quel circolo non si interessa soltanto dei problemi dell’orario di lavoro e del salario dei ragazzi, ma anche della lotta contro l’alcolismo, dell’istituzione di una scuola serale a spese del Comune e della soluzione di altri problemi riguardanti l’ambiente e il costume. Tra l’altro, il circolo decide di abolire il tabarro, soprabito invernale che indossano solo i poveri per distinguersi dai signori. Avviene così che, fra le proteste dei galantuomini e lo stupore degli anziani, Di Vittorio e altri giovani braccianti indossano per la prima volta il cappotto, come segno della loro volontà di cancellare ogni distinzione di classe. Lo stesso anno 1907, forte dell’influenza che ha fra i giovani.“
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Tre TitoliUn progetto filmico performativo nelle terre di Giuseppe Di Vittorio attraversando l'evoluzione e la trasformazione della classe bracciantile lungo il Novecento: Archives
February 2015
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