11/27/2014 0 Comments Ricordo il rapporto che egli tenne all'inizio degli ani '50, al congresso della federazione sindacale mondiale che si teneva a Vienna. Di Vittorio era relatore sulla situazione dei lavoratori dei paesi coloniali e sottosviluppati. Il rapporto era scritto, naturalmente in francese, a un certo punto dI Vittorio si stancò, raccolse i fogli e cominciò a parlare ancora in francese, in spagnolo e persino in italiano. Quegli africani, quei latino-americani, quegli asiatici capivano lo stesso ogni cosa. Afferravano qualche parola, ma intuivano pienamente il significato del ragionamento. La spinta liberatrice insita nel suo stesso agire li avvinse al punto che dopo infinite interruzioni e applausi, alla fine del discorso i delegati del terzo mondo improvvisarono una sorta di straordinaria manifestazione: saltarono sui tavoli, fecero a pezzetti le carte che erano state distribuite gettando in aria miriadi di coriandoli, fecero tremare le volte della sala con decine di tonanti urrah!
Anche in questo caso Di Vittorio era arrivato diritto alla loro coscienza di uomini, aveva espresso l'esigenza primordiale di libertà e di emancipazione, aveva aperto una speranza di riscatto a uomini costretti da secoli alla servitù e allo sfruttamento dei potenti. Dalle sue parole traspariva sempre. prima di ogni altra cosa, il sentire umano, il rispetto per gli uomini e, insieme, la protesta e la volontà di riscossa dei deboli, degli oppressi.[...] * ----- Voglio ricordare un' esperienza personale che feci al congresso della Fsm nel 1953. Di Vittorio era relatore su "Problemi e obbiettivi dei movimenti sindacali del terzo mondo" e la sua relazione aveva incontrato un dissenso che sembrava insuperabile in tutti i sindacati dei paesi dell' est e anche nei sindacati di tradizione comunista di molti paesi dell'occidente. La bestemmia era quella di parlare di un movimento sindacale capace di mettersi alla testa di una grande azione di riforma agraria e di industrializzazione, di un sindacato protagonista: una bestemmia perché, dovunque, in tutti i continenti, alla testa non ci può che essere che il partito; il sindacato viene dopo. Malgrado una sofferta discussione, intrisa di penosi dogmatismi, protattrasi per tutta la notte, lui fece la sua relazione; e la fece a modo suo, tralasciando completamente gli appunti, gli scritti, il lavoro di tanti giorni e proponendo a quel congresso, ma sopratutto ai tanti lavoratori del terzo mondo, dell' Africa, dell' Asia, dell' America latina, il suo sindacato come forza d'avanguardia, come sindacato della riforma agraria, come sindacato dell'industrializzazione, come sindacato del governo dell' economia nella democrazia. Lo fece a modo suo, chiamando i delegati del congresso a rispondere al suo appello e dicendo: "Vedo davanti a me tante facce, vedo dei neri, vedo di quelli che sono proprio neri neri, vedo dei bianchi, dei gialli, dei mezzi neri come me, ma tutti insieme, con voi, siamo il sindacato del domani". E il congresso impazzì, nell' imbarazzo o nella stizza dei burocratici del sindacalismo internazionale, di fronte a questo spettacolo di liberaizone umana, a un linguaggio così semplice, ma con il quale Di Vittorio si metteva in mezzo agli altri. ** * Luciano Lama, da Giuseppe di Vittorio di M. Pistillo, Ed. Lacaita 1987 Manduria ** Bruno Trentin, da Giuseppe Di Vittorio- l'uomo, la storia, il pensiero di C. Marotti, Ed. Sud Est
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Tre TitoliUn progetto filmico performativo nelle terre di Giuseppe Di Vittorio attraversando l'evoluzione e la trasformazione della classe bracciantile lungo il Novecento: Archives
February 2015
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